Realizzare circuiti stampati <author>Lorenzo Cappelletti, <htmlurl url="mailto:L.Cappelletti@POBoxes.com" name="L.Cappelletti@POBoxes.com"> <date>v1.0, 24 settembre 1998 <abstract> Questi appunti raccolgono la mia esperienza sulla produzione, a livello amatoriale, di circuiti stampati a singola faccia, a cominciare dal disegno <sl/master/ sino alla foratura della basetta. </abstract> <toc> <!-- Begin the document --> <sect>Introduzione <p>Quando ho cominciato a sentire la necessità di costruirmi i circuiti stampati che trovavo sulle riviste di elettronica o che io stesso progettavo, ho incontrato subito una grande difficoltà: reperire qualche testo che mi insegnasse come fare, quali fossero i materiali necessari e gli attrezzi da utilizzare. Mi sono arrangiato seguendo prevalentemente i consigli di Mauro, un mio amico che aveva dovuto risolvere i miei stessi problemi molto prima di me. Ormai ho perso il conto del numero di circuiti che ho realizzato con questo metodo imparato un paio di anni fa. Ma era una conquista personale. ``Chissà -mi son detto- che non ci sia qualche altra persona che, con la mia stessa mania per l'elettronica, si sia imbattuto nelle mie stesse difficoltà.''. Ed è cosí nato questo piccolo resoconto che non pretende di essere nulla di piú se non una descrizione di come io riesca a realizzare i miei circuiti stampati. Come avrete modo di constatare proseguendo nella lettura, infatti, ci sono tante sfumature nelle varie fasi di lavorazione che, personalmente, non ho avuto modo di approfondire, ma che potrebbero rivelarsi piú pratiche per il vostro modo di operare. Non esitate, allora, ad avventurarvi nei meandri di qualche procedimento diverso dal mio. Sarò lieto di sentire come vi è andata cosí come gradirò ogni tipo di critica vogliate fare a questo mio piccolo elaborato. <!-- Sezione teorica --> <sect>Un po' di teoria <p>Prima di iniziare con le mie esperienze, vorrei spiegare brevemente il principio base e alcuni termini tecnici che si usano normalmente in questo campo. Non mi dilungherò molto, anche perché la mia conoscenza si limita solo alla lettura di articoli apparsi sporadicamente su riviste dedicate all'elettronica <sl/consumer/ e a quattro chiacchiere fra amici. <sect1>Le schede ramate <p>Le <em/schede ramate/ che si utilizzano normalmente nella produzione di circuiti stampati casalinghi sono delle semplici basette di vetronite ricoperte da un lato (nel caso di circuiti a <it/singola faccia/) da uno strato uniforme di pochi <sl/micron/ di rame. La produzione del circuito consisterà proprio nell'asportare questa ricopertura solo là dove non abbiamo previsto il passaggio di una traccia del circuito. La tecnica utilizzata è molto simile a quella impiegata in fotografia: la luce, emessa da una particolare sorgente luminosa e fatta passare attraverso il negativo, va ad impressionare un cartoncino presensibilizzato. Nel nostro caso il cartoncino è formato dalla scheda ramata su cui è stato steso uno strato uniforme di <em/photoresist/. Questa sostanza è sensibile alla luce ultravioletta (e quindi ai raggi solari) nel senso che, dopo un'opportuna esposizione, diventa facilmente attaccabile da alcuni tipi di acidi. Tempo fa l'applicazione dell'emulsione fotorivelatrice era un'operazione che si faceva in casa con risultati scadenti, in quanto la stesura deve essere molto omogenea. Oggi, invece, esistono in commercio delle schede ramate presensibilizzate ricoperte da una pellicola adesiva che le proteggono dalla luce indesiderata. Tenute in un ambiente non troppo caldo né umido, tali schede possono conservare perfettamente le proprietà chimiche originali del <sl/photoresist/ anche per piú di due anni. <sect1>Il <sl/master/ e lo sviluppo<label id="master-sviluppo"> <p>Le sorgenti di luce che permettono di impressionare l'emulsione fotorivelatrice possono essere le piú disparate. Si può cominciare con una lampada alogena da 500-1000W, passare attraverso esperimenti con lampade al mercurio e lampade di Wood, per approdare a lampade UV vere e proprie. Ciò che cambierà sarà soltanto il tempo di esposizione. Continuando con il paragone fotografico, il termine destinato a designare il negativo nel nostro contesto è <em/master/. Questo può essere prodotto utilizzando un pennarello indelebile, dei trasferibili, una macchina fotocopiatrice o una stampante, l'importante è che risulti il piú opaco possibile nelle zone dove passano le piste in rame e trasparente in quelle dove non vogliamo che passino (dette <em/di interconnessione/). Dopo aver impressionato la scheda attraverso il <sl/master/, è necessario passare allo <em/sviluppo/ dell'immagine. Questa fase permette di asportare il <sl/photoresist/ dalle zone di interconnessione delle piste utilizzando della <it/soda caustica/ disciolta. Solitamente si preparano delle soluzioni da 10g di soda diluita in un litro d'acqua, ma in commercio si possono trovare anche delle buste contenenti tutto l'occorrente per ottenere degli ottimi risultati in questo delicatissimo passaggio della produzione del circuito. <sect1>L'incisione e la foratura <p>Al termine dello sviluppo la scheda potrà essere esposta alla luce senza piú alcun timore. Ciò che si rende necessario, ora, è di asportare il rame. L'operazione, che prende il nome di <em/incisione/, viene svolta utilizzando un altro acido e piú precisamente il <it/cloruro ferrico/. Oltre ad avere un basso costo, questa sostanza presenta un'alta tolleranza al rame disciolto che lo rende idoneo a piú riutilizzi. Il processo chimico è piuttosto lento se realizzato in condizioni normali. Ci sono, però, alcuni trucchi che permettono di ottenere un'azione piú rapida e incisiva. Si tratta sostanzialmente di portare il cloruro ad una temperatura il piú alta possibile ed aumentare il contenuto di aria nella reazione. Dopo aver pulito per bene la piastra, è opportuno applicare una <it/lacca isolante/ che permetta di proteggere il circuito dal fenomeno dell'ossidazione a cui è soggetta per via degli inevitabili ossidi di metallo rimasti sulla superficie del rame. La preparazione è quasi giunta al termine. L'ultima lavorazione consiste nella <em/foratura/ delle piazzole che permetterà di inserire e saldare i componenti del circuito. A questo proposito è bene tener presente il materiale di cui è composta la scheda. La vetronite, infatti, consuma molto velocemente le punte tradizionali, obbligando l'uso di punte speciali e di un trapano che sia in grado di effettuare piú di 15.000-17.000 giri al minuto. Sfortunatamente non ricordo piú il materiale di cui sono costituite le punte, ma se chiedete al vostro negoziante lui lo saprà di certo e voi ve ne accorgerete per il costo sensibilmente elevato. <!-- Sezione pratica --> <sect>Un po' di pratica <p>Dopo questa breve carellata nozionistica, vediamo di entrare nel vivo della produzione. Cercherò di descrivervi, nel modo piú chiaro possibile, le operazioni e gli attrezzi che mi permettono di creare, da una scheda ramata grezza, un buon circuito stampato. <sect1>Esposizione <p>In questa sottosezione descriverò quali sono gli accorgimenti che adotto prima e durante l'esposizione alla luce ultravioletta della scheda ramata presensibilizzata. <sect2>Il <sl/master/ <p>Vediamo innanzitutto come creare il <sl/master/. Poiché la luce deve essere in grado di passare attraverso il foglio su cui sono disegnate le piste del circuito, utilizzo una carta lucida, solitamente un <em/foglio in acetato trasparente/. La cosa piú importante è l'<em/opacità del tracciato/. Se questa non fosse sufficiente, infatti, si avrà poco contrasto fra le due zone con il rischio di corrodere anche le piste nel tentativo di asportare il rame dalle zone di interconnessione. Una semplice fotocopia da una rivista, per esempio, non permette di ottenere dei buoni risultati per via della grana non molto fine del <sl/toner/ depositato dal fotocopiatore. Per ottenere risultati eccellenti con questa tecnica sarebbe necessario utilizzare il <it/metodo Xerox/, anche se, purtroppo, ho potuto constatare personalmente che non è molto diffuso fra le copisterie. Un compromesso si ottiene sovrapponendo due fotocopie, ma faccio presente di non muovere assolutamente l'originale fra la prima e la seconda copia, altrimenti poi sarà impossibile far combaciare perfettamente i due fogli in acetato. Risultati certamente superiori a quest'ultimo metodo si ottengono da una stampante laser. Avendo a disposizione un file contenente l'immagine in solo bianco e nero del circuito, risulta certamente il sistema che preferisco e che cerco di adottare per tutti i miei circuiti. Ma come procurarsi l'immagine? Se il circuito è stato realizzato con qualche CAD per l'elettronica siamo a cavallo, altrimenti si può ricorrere all'uso di uno <sl/scanner/. L'importante è che sia piano. Con quelli <it/a strisciamento/, infatti, si rischia di distorcere le distanze tra punto e punto del circuito. Provate, poi, ad inserire un integrato, magari a 24 piedini, se il passo dei fori non è pari ad 1/10 di pollice! Vi consiglio, inoltre, di utilizzare una risoluzione un po' piú alta del normale (diciamo attorno ai 400dpi) cosí, quando ridurrete la scala dell'immagine per riportarla a grandezza naturale, molte imperfezioni presenti sui bordi delle piste svaniranno. Un altro prezioso consiglio sulla creazione del <sl/master/ consiste nell'aggiungere una sigla all'immagine da riprodurre. Innanzitutto perché vi faciliterà in seguito il riconoscimento del circuito, ma anche perché la stampa dovrà essere eseguita, per un motivo che spiegherò in <ref id="master-scheda" name="Posizionamento e fissaggio del master alla scheda">, con la scritta riprodotta al contrario. <sect2>La scheda ramata <p>Le schede ramate si trovano abbastanza facilmente nei negozi di elettronica. Personalmente ne faccio incetta alle fiere dedicate al settore, presso gli <sl/stand/ delle industrie che svendono gli scarti delle loro produzioni. Di solito si trovano quattro o cinque basette rettangolari, di dimensioni diverse, racchiuse in una semplice busta di plastica trasparente. Se sono a singola faccia, noterete la protezione adesiva di colore scuro su un lato solo. Nel ritagliare la vetronite con un seghetto cercate di rimanere un po' abbondanti rispetto alle dimensioni reali del circuito. È sempre possibile tagliarne via un altro pezzo piuttosto che aggiungerlo! Inoltre non dimenticate di smussare i bordi con una lima per eliminare le sbavature prodotte dalla seghettatura. Arrivati a questo punto potete togliere la pellicola adesiva di protezione contro la luce. Il <sl/photoresist/ non dovrebbe risultare molto sensibile alle lampade ad incandescenza, visto che la loro emissione di raggi ultravioletti è molto contenuta. Una stanza con le imposte chiuse e una lampadina alle proprie spalle dovrebbe quindi risultare perfettamente idonea. Personalmente, però, uso una (orribile) lampada da comodino che ha la particolarità di emettere una (inquietante) luce rossa. Una specie di camera oscura, insomma, anche se per i nostri scopi, forse, risulta essere un po' esagerata. <sect2>Posizionamento e fissaggio del <em/master/ alla scheda<label id="master-scheda"> <p>Il posizionamento del <sl/master/ sulla scheda è molto importante. Lo scopo principale è quello di delineare nel modo piú netto possibile i contorni del tracciato. Per questo motivo l'inchiostro depositato sull'acetato dovrà risultare il piú vicino possibile al rame della scheda, in modo che la luce non possa penetrare diagonalmente e colpire marginalmente le piste. Ecco spiegato il motivo per cui risulta necessario fare attenzione affinché: <itemize> <item>non siano presenti dei granelli di sporco sulla scheda; <item>i bordi della scheda risultino ben smussati; <item>l'inchiostro con il quale è stata riprodotta l'immagine sia a <it/diretto contatto/ con il rame. </itemize> Quest'ultimo punto risulta immediato se si è stampato il circuito con una sigla alla rovescia. Appoggiando il foglio in modo da leggere correttamente la scritta, si noterà che il lato rivolto verso noi è quello privo di inchiostro. Il problema, a questo punto, consiste nel far rimanere fermo e ben aderente il foglio in acetato. Io ho superato questo ostacolo incollando uno strato di materiale spugnoso su una superficie di <it/multilamellare/ (legno) e racchiudendo il circuito fra questo e un pezzo di vetro, il tutto tenuto fermo da due pinzette. Probabilmente sarebbe sufficiente appoggiare il vetro sopra la scheda ricoperta dal lucido, ma non ho mai provato. <sect2>Lampada e tempi di esposizione <p>Come abbiamo visto nella sezione <ref id="master-sviluppo" name="Il master e lo sviluppo">, i tipi di lampade che si possono utilizzare sono molteplici. Io ero partito con una lampada di Wood, ma ho ottenuto scarsi risultati, probabilmente perché ero ancora alle prime armi. Successivamente mi sono procurato ad una fiera due tubi al neon da 12W ciascuno, indicati specificatamente per questa applicazione. Il loro collegamento elettrico è identico a quello di una qualsiasi lampada al neon di pari potenza. Pertanto un trasformatore ed un reattore acquistati presso un qualsiasi negozio di materiale elettrico soddisferanno egregiamente alle nostre richieste. Credo sia inutile dire che l'illuminazione deve essere uniforme. Assicuratevi, quindi, che la lampada in vostro possesso copra in maniera omogenea tutta la superficie della scheda. Anche la distanza tra lampada e circuito non è una variabile critica. L'importante è che rimanga costante per ogni circuito che produrrete, altrimenti dovrete anche variare in continuazione i tempi di esposizione. Da parte mia ho risolto tutti questi piccoli problemi costruendomi una piccola scatola in legno (ma credo che anche un'altra scatola, tipo quella per le scarpe, possa assolvere benissimo ai nostri scopi), fissando all'interno trasformatore, reattori e lampade. Ho tenuto una distanza di 6cm fra i due neon e di 4cm fra lampade e circuito. Vi consiglio, inoltre, di applicare della carta stagnola dietro ai tubi in modo da sfruttare anche la luce riflessa e diminuire i tempi di esposizione. A questo punto è possibile accendere la lampada. Ma per quanto tempo? Come abbiamo avuto modo di vedere questa variabile dipende da molti fattori: il tipo di sorgente luminosa, la potenza della fonte, la sua distanza dal circuito, l'opacità del <sl/master/. Non c'è una formula che permetta di stabilire il tempo di esposizione. Bisogna affidarsi alla pratica (vedi <ref id="sviluppo" name="Sviluppo"> piú avanti). L'aspetto negativo è che si può capire se il tempo è stato scelto correttamente solo dopo lo sviluppo, ovvero quando oramai la scheda è stata ``bruciata''. Non preoccupatevi, quindi, se le prime volte dovrete buttare via la basetta appena terminata perché il lavoro non è stato molto soddisfacente. È normale. Indicativamente posso solo dirvi che il tempo necessario va da un minimo di 2 ad un massimo di 8 minuti. Il <sl/master/, d'ora in poi, non vi serve piú. È comunque una buona idea non buttarlo, ma anzi tenerlo e raccoglierlo da qualche parte, perché potrebbe accadere che vi serva ancora in un prossimo futuro. <sect1>Sviluppo<label id="sviluppo"> <p>Una volta che il <sl/photoresist/ è stato impressionato, è necessario fermare l'immagine sulla superficie di rame. Nelle mie realizzazioni faccio uso di una vaschetta di plastica bianca, di quelle che danno nei supermercati quando si acquista l'insalata di mare sott'olio al banco del pesce, riempita con la soluzione di cui si è parlato nella sezione <ref id="master-sviluppo" name="Il master e lo sviluppo">. In particolare, per la preparazione dell'acido, acquisto le buste già pronte per la loro estrema praticità. Trovare una bilancia precisa al grammo non è, infatti, cosí semplice. D'altra parte non è nemmeno opportuno preparare, per esempio, dieci litri di soluzione, anche perché la stessa può essere utilizzata piú e piú volte. A questo punto è sufficiente immergere la scheda ramata nella soluzione ed agitare. Per muovere la basetta, raccoglierla e verificarne lo stato di sviluppo si può utilizzare una pinzetta di plastica. Personalmente attacco una striscia abbastanza lunga di <sl/scotch/ sul lato componenti e la uso come una cordicella. Il motivo è presto detto: rischiare di graffiare la superficie fotoincisa non è certamente una bella cosa e, d'altra parte, ci sono alcuni circuiti di dimensioni tali che una semplice pinzetta non riesce ad afferrare. Durante lo sviluppo noterete che dal circuito si libera un colore nerastro. È il <sl/photoresist/ impressionato che, sotto l'azione dell'acido, si stacca liberando la superficie ramata. Se dopo un po' notate che anche l'immagine del circuito si stacca cominciando a galleggiare nel liquido, significa che state usando una soluzione troppo aggressiva, o perché troppo concentrata o perché troppo calda. Se, invece, vi accorgete che dopo un paio di minuti non appare ancora nulla, in questo caso la soluzione è poco concentrata o troppo fredda. Provate a riscaldare la soluzione, ma se non ottenete ancora nulla, allora il problema sta in una sottoesposizione e la scheda non è piú utilizzabile. Dovete ricominciare da capo. Come avete capito la temperatura della soluzione riveste una certa importanza. Inizialmente cercavo di riscaldarla un po' per portarla alla temperatura di 25-30°C gradi. Successivamente mi sono accorto che anche una temperatura ambiente di 20-25°C è piú che sufficiente. Una volta che l'immagine risulta ben nitida sulla scheda, è necessario passare ad un abbondante risciacquo che tolga tutti i residui della soluzione dalla basetta e ne arresti lo sviluppo. Ovviamente, se lo ritenete opportuno, potete anche immergere ancora il circuito nell'acido e proseguire con lo sviluppo. Un'ultima raccomandazine. Fate attenzione quando maneggiate la soluzione in quanto la soda caustica corrode molto facilmente gli indumenti. Ne basta una sola goccia. I miei vecchi pantaloni ve lo possono assicurare. <sect1>Incisione <p>Ormai il <sl/photoresist/ è stato tutto disciolto e ora, se volete, potete lavorare in un ambiente piú luminoso. In quest'ultima fase non rimane che eliminare il rame dalle zone di interconnessione con la soluzione di cloruro ferrico. Ma dove procurarsi questo acido? Nei negozi di elettronica o presso i soliti <sl/stand/ delle fiere, non faticherete a trovare dei flaconi da litro di soluzione già diluita. Quella che utilizzo io, per esempio, è al 41%. Vi consiglio, inoltre, di procurarvi anche un contenitore, come una bottiglia in plastica, per raccogliere la soluzione già utilizzata. L'operazione di incisione per sola immersione risulta essere, come già accennato, piuttosto lenta. Infatti, se non si pratica almeno un'agitazione sul contenitore, la reazione, nei pressi del lato rame, tenderà a saturare. Per aumentare ulteriormente l'azione corrosiva è bene portare la soluzione ad una temperatura il piú alta possibile. Il <it/non plus ultra/, comunque, consisterebbe nel far gorgogliare un getto di aria calda sotto alla scheda ramata. In questo modo, infatti, si aggiungerebbe un terzo elemento che favorisce la reazione: l'ossigeno. Certo, però, che costruire una scatola che realizzi tutto questo non è un impresa da poco. Cosí ho cercato di arrangiarmi in modo molto piú grezzo. Mi sono procurato in un negozio specializzato un <sl/becker/ da laboratorio, cosí da essere sicuro di non corrodere con la soluzione qualche pentolame. Con la semplice fiamma di un gas da cucina porto la soluzione fin quasi all'ebollizione. Mi raccomando di fare attenzione ai vapori, in quanto, anche se ne so veramente poco di medicina, non credo siano particolarmente salutari. Con la solita striscia di <sl/scotch/, comincio ad immergere ed estrarre la basetta dalla soluzione ripetutamente, provocando, cosí, sia l'agitazione che l'apporto di aria necessari. Si nota subito l'azione corrosiva cominciare dai bordi delle piste ed estendersi verso l'interno delle zone non protette. Dopo circa cinque minuti rimarranno solo delle chiazze sparse qua e là che sarà bene eliminare con un'azione localizzata, per non rovinare il tracciato già pronto. Quando mi sembra che il circuito sia soddisfacente, lo lavo abbondantemente sotto l'acqua corrente, strofinando con un vecchio spazzolino da denti, per essere sicuro di togliere i residui dell'acido. Preso un vecchio giornale vado all'aria aperta e applico la lacca isolante, facendo attenzione a non tralasciare alcuna parte del circuito. Questo, come detto, assicura il circuito contro la formazione di antiestetiche e pericolose chiazze verdi dovute all'ossidazione. Successivamente sarebbe buona norma portarsi nelle vicinanze di una buona fonte di luce ed osservare il circuito con attenzione. <it/In primis/ per compiacervi del risultato ottenuto, ma soprattutto per ricercare qualche imprecisione. Potrebbe capitare, infatti, che sia rimasta ancora qualche striscia di rame che, se non eliminata, farà rischiare un brutto cortocircuito. Analogamente bisognerebbe fare attenzione alle piste interrotte, annotandosi, se opportuno, il numero: durante la saldatura si provvederà a ripristinarne il collegamento. Di solito a me capita di saltare questo seppur utile controllo, perché comunque molte piccole imperfezioni si riescono ad osservare solo durante la fase di foratura, quando passano sotto gli occhi tutte le piazzole, una alla volta. <sect1>Foratura <p>Quest'ultima fase è certamente la piú onerosa, in termini economici, vuoi per l'attrezzatura necessaria, vuoi per la delicatezza degli strumenti utilizzati. Infatti, anche se un semplice trapano ed una comune punta vi permettono di portare a termine il lavoro, la comodità e la precisione di strumenti specifici alla lunga risultano, secondo me, indispensabili. Personalmente mi sono comperato sia il trapano che la colonna appositi per questo impiego. Il trapano riesce a raggiungere i 17.000 giri, mentre il mandrino supporta punte che vanno fino ai 6cm. Anche le punte meritano un'attenzione particolare. Quelle normali, infatti, dopo una decina di fori cominciano a produrre trucioli al posto della polvere iniziale, segno, ormai, che hanno perso molto della loro capacità di taglio. Quelle speciali, invece, mantengo il taglio per molto piú tempo, ma, sfortunatamente, sono molto costose e poco resistenti. Per le prime prove vi consiglio di utilizzare le prime. Quando avrete fatto un po' di pratica usate il secondo tipo, ma non comperatene una sola, perché la prima vi si romperà dopo il terzo foro. Vedrete! Vi ricordo, infine, le dimensioni piú utilizzate: <itemize> <item>0.8mm di diametro per le resistenze da 1/4W, condensatori, zoccoli di circuiti integrati, ecc.; <item>1.2mm di diametro per le resistenze da 1/2W o piú, i diodi da 1/2W, gli elettrolitici di grande capacità, le morsettiere, ecc.; <item>1.5mm di diametro per i relè e altri componenti di potenza; <item>3.0mm di diametro per le viti di fissaggio del circuito al contenitore. </itemize> Di quest'ultima dimensione non sono sicuro esistano punte speciali. Personalmente utilizzo quelle normali in quanto i fori da praticare non sono mai molti. <sect>Conclusioni <p>Finito. Il circuito è pronto per la saldatura dei componenti. Non rimane che mettere a posto tutto ciò è stato utilizzato. Mi raccomando, è importante. Io, alla fine, pulisco sempre tutto per non ritrovarmi la volta, successiva, incrostazioni di cloruro ferrico sul <sl/becker/ e schede ramate sparse ovunque. È anche molto importante che riponiate il tutto in un luogo sicuro, specie se in casa avete bambini piccoli. La prudenza non è mai troppa! Non mi resta che augurarvi un buon lavoro e buon divertimento. </article>