Bonplans e' un paese poco conosciuto dai friulani. Il suo nome si rifa' a chissa' quali storie perdute di confine. E a Bonplans e' nata la donna della mia vita. Donna della mia vita, si fa per dire, visto il significato che normalmente si attribuisce a questo giro di parole. Nel mio caso infatti si tratta piu' che altro di donna imposta, messa li' per forza. Pero' di donna della mia vita si tratta, visto che si sta rubando il 90 per cento del mio tempo. Donna della mia vita imposta dagli eventi, diciamo. E a Bonplans inizia pure il mio calvario. Il giro che mi ha portato da quelle parti e' stato, gia' di per sé, non da consigliarsi. Fine settimana in montagna con gli amici, nel programma. Poi, una curva troppo larga, un albero, la macchina rotola, si accartoccia. Mi salvai per sbaglio; l'auto pareva aver assunto la mia forma. Per Luca, con Luca ho condiviso l'infanzia, non c'e' stato nulla da fare. Ha sbattuto la testa. Io invece, forse era meglio se la sbattevo pure io, ma si sa, la fortuna. Probabilmente la fortuna a disposizione di ciascuno e' in quantita' limitata, ed io devo aver consumato la mia parte tutta in quell'incidente. L'ospedale piu' vicino era nel centro della vallata, in un paese che non mi ricordo il nome. Marta era all'Accettazione. Ragioneria, aveva studiato, ma poi era finita li'. Mi son rimesso in un qualche settimana dal paio di fratture di cui una multipla che m'ero procurato. Poi dovevo tornare a casa, ma lei mi propose qualche giorno in un paesino friulano con i suoi... Furono giorni intensi. Quel periodo termino' d'improvviso con un "Ciao Ciao", un biglietto per il treno, la consapevolezza di un domani diverso. Mai una consapevolezza e' stata cosi' sbagliata. Ora Marta e' la mia partner. Come in quei film nei quali si sognerebbe sempre di vivere; l'eroe e l'eroina finiscono insieme. Uguale. Solo che l'eroina e' Marta; inteso proprio nel senso di droga pesante. Il nostro lavoro ci tiene uniti; abbiamo provato diverse volte a separarci, a crearci vite indipendenti. Ma poi si sta via qualche settimana insieme, si viaggia, si conosce gente e si affittano camere d'albergo. Strano, pero' io e Marta siamo assolutamente incompatibili. Lei, gran pensatrice, calcola bene le sue mosse, si crea ideali e li insegue, ha una propria segreta meta. Io inseguo la bandiera di turno, il vento, l'istinto ed i sogni. Terribile. Forse proprio questo e' il segreto del nostro successo; ed e' la croce dei nostri momenti piu' tetri. E non sono pochi. Il guaio e' che la voglia di vederla sorridere, le infinite attenzioni che piacciono alle donne, sono da ormai parecchio tempo fuori dal mio presente. E cosi' ci ritroviamo anche questa sera, solita gente, solito posto. Cambia il nome della via, i volti, la parlata; forse cambieranno mobili e musica allo stereo. Oppure ci sara' il caminetto, o forse un qualche bocchia (bambino, nda) rompiballe col quale mi mettero' a giocherellare. <>, le dico indicando il cartello della via. Scendiamo. Un condominio, secondo piano. E' una famiglia di quattro persone, due bambini, lui insegna e lei e' casalinga. Il cancello, l'ascensore. Gling glong. <> <> Di solito sono molto cortesi, le donne; un po' di piu' diffidenti i mariti. Ci fanno accomodare in salotto. Subito lo sguardo corre inseguendo nei lineamenti dei mobili i segreti di quella famigliola metropolitana. Il solito; ci offrono da bere, si parla prima del tempo, poi della TV, poi del telefono, ed ecco che si entra in argomento e si arriva via modem al computer e al contratto e al software preinstallato e alle rate mensili e lui storge il naso. Poi via, si parla d'altro, si adocchia uno dei due bambini, la scuola, si parla. Lui sfugge, diffida. Si rotola sul divano; la sorellina non c'e', chissa'. E si ritorna all'argomento. Lei ormai e' imbambolata dalle parole, Marta ci sa fare, lui indispettito non riesce a trovare argomentazioni. Gia', infallibili. Venduto; si saluta, si garantiscono le garanzie che tanto si occupera' qualcun'altro di garantire se serviranno sul serio. Si torna in macchina. E' una sera speciale, oggi. Marta ha voglia di parlare, io sono fuso e mi lascerei andare solo ad un abbraccio di quelli che liberano dai pesi della giornata. Lei parla, poi tace. Poi cerca le parole. <>,<> <>. II suo sguardo interrogativo cerca di rubarmi un cenno di assenso. Io rimango un po' imbambolato, faccio un cenno con la testa di quelli che non riescono a comunicare nulla ma che vogliono sembrare pieni di significato. Penso a tutte quelle cose che rimangono sepolte dentro di me. A tutte quelle parentesi rimaste aperte che ho affondato per cominciare a farmi una vita. Ma che vita. Penso che lei ancora riesce a pensare, accidenti. Quasi quasi le voglio bene. Anzi no, no. Non l'abbraccio perche' so di non saper piu' amare. Lei continua, pensa, poi parla. Dice cose che le inumidiscono gli occhi. Come vorrei farle capire qualcosa di tutto quello che ho chiuso dentro e che non risco a far tornare a galla. Forse dovrei ricominciare la mia vita da capo, dedicarla a quelle cose che veramente hanno un significato. E pensare che ieri sera ero cosi' preso dalla possibilita' di diventare capozona, appena una decina di contratti, entro fine mese. E adesso non me ne frega piu' niente. "Accendo la macchina e vado a schiantarmi contro un muro", il pensiero e quasi un desiderio. Ma metto in moto, torno verso il centro. Lascio passare le luci, intorno a me. La statale, poi il ponte. Lentamente mi lascio andare. Il silenzio della notte puo' far recuperare la pienezza dell'essere: e' un istante che dura ancora meno. Marta gia' da un po' ha smesso di parlare; probabilmente viaggia anche lei in chissa' quali contorsioni notturne. E domenica prossima si torna a Bomplans, vecchi ricordi, vecchie illusioni, una vita forse passata dedicata a chissacchi'.