*** Sullo scopo del campo, sul gruppo di lavoro. *** E' sera nella locanda, tre persone si trovano attorno ad un tavolo, scambiano due chiacchiere, pensano ai fatti loro. Distendono le idee dopo una giornata di inquietante routine. Il tempo passa in fretta, i mesi e gli anni attorno si succedendo uno dopo l'altro. Le loro storie raccontano lavoro, famiglia, stati d'animo, tensioni, soddisfazioni passeggere e qualche speranza. Con due chiacchiere e una risata allentano la morsa della giornata lavorativa, e attorno al tavolo si intreccia il gioco dell'oca delle relazioni umane. La comunicazione diventa un flipper. E' un gioco con delle regole nel quale ciascuno assume un ruolo. Qualcuno a tratti subisce; c'e' chi impone, chi media, chi si fa leader. Rimbalzano parole non dette, e barzellette sporche, attorno al tavolo quello che conta sono i discorsi e l'espressione del corpo. Risultano chiare simpatie e complicita', si intravvedono amicizie e scansioni radar. Ognuno ha dei confini da difendere e cerca di guadagnare posizioni; attacca o targiversa con diplomazia, crea embarghi e offre trattati da firmare. Nella battaglia ognuno punta all'egemonia sull'altro. I messaggi in codice a volte arrivano dritti al cuore. Ma fra le dinamiche attorno al tavolo, queste tre persone non solo si incontrano attorno per superare la routine della giornata: loro hanno una soluzione, sanno dare un significato alle cose. Sono gente che non si accontenta, e sognatori. Hanno la risposta, e si ritrovano per dare un significato alle piattezze del quotidiano. Non cambia nulla nel loro aspetto, nei loro discorsi, nei loro rapporti umani; ma hanno un filo invisibile che li tiene uniti. Si sono resi indispensabili l'uno per l'altro; tengono, con le mani sotto al tavolo, i capi di fili invisibili. E' una rete che li leghera' a lungo, comunque vadano le cose. Si son trovati assieme per realizzare, insieme, un progetto: assieme costruiranno un castello. Costi quel che costi, hanno risposto alla vita con la risposta piu' difficile, che e quella piu' robusta. Qualcuno potrebbe anche morire, nel costruire il castello. Costruire castelli al giorno d'oggi e' un bel casino. Le dinamiche nel loro gruppo non sono piu' casuali, ma controllate. Ciascuno e' disposto a rinunciare a posizioni guadagnate sul campo, perche' il progetto e' piu' importante, la sua realizzazione non puo' in nessun caso essere messa a repentaglio. Non vogliono perdere di vista lo scopo. Pero' nessuno di loro calera' le braghe. Lo sanno:c'e' un rischio, nell'abbandonarsi totalmente nelle mani degli altri, nel dimenticare di essere prima di tutto se stessi. Di chi rimane del tutto senza difese, la gente se ne approfitta facilmente. Per questo rimane durante i lavori sempre esposto un rude filo spinato umano. E' giusto che ci sia, con questo reticolato si dovra' continuamente fare i conti. E' ognuno che porta con se le proprie storie, il proprio vissuto, il proprio essere. Perchè attorno al tavolo, ad abbozzare lo schizzo del progetto, ci sono uomini e donne, sono solo persone. Capi Lupi, ciascuno di noi ha fiducia; siamo un gruppo, una squadra. Siamo carpentieri e soldati e elettricisti e idraulici e muratori, il nostro Castello si chiama Pierantonio Biasiolo, Nicola Bettio, Barbara Pedron, Pietro Galiazzo, Giulia Stranghetto, Riccardo Zabeo, Tommaso Galeazzo, Ruggero Bacchin, Giulia Previato, Alessandro Giacomello, Valentina Nigrelli, Valentina Cassutti, Giorgia di Lenna, Riccardo Polato, Matteo Capodaglio, Lissi Galiazzo, Marco Baldin, Enrico Nibale, Chiara Milani, Giulia Bonetti, Davide Agostini, Francesca Nigrelli, Arianna Lazzaro, Francesco Capodaglio e Linda Lazzaro. Per ciascuno di questi nomi costruiremo una stanza, bella o brutta, luminosa o sotterranea, accogliente o fredda, in base a quanto ciascuno di noi vorra' lavorare per loro castello. E questo cambiera' a ciascun ragazzo la vita. Non faremo un castello perfetto, ne' una catapecchia inguardabile: sempre si potra' fare di meglio o di peggio. Ognuno di noi dedichi al Progetto quello che la propria vita e il proprio tempo gli consente, si metta in gioco tanto quanto si sente chiamato a fare, creda nella buona volonta' della squadra. Nessuno giudichi i mattoni messi dagli altri, ne' si senta giudicato dagli altri capomastri; non dimentichiamo quali sono le stanze da allestire. Intorno si sprecheranno parole di ammirazione o di condanna, ma delle chiacchiere di paese mi dimentico volentieri, quando costruisco un castello. Siamo noi la gente che fa la storia.