Prefazione. Sono trasportato, tirato da tutte le parti. Dovrei legarmi alla sedia, e' l'unico legame rimasto con la realta'; ma senza corda, senza forza, anche quest'ultimo vincolo presto si scioglie. Mi allontano, trasportato da quel buco sulla parete, dalla radio americana, dall'oscurita' di una sera che si alza. Oggi conosco il nulla (per la verita' lo conoscevo gia') , negli occhi di una ragazza sola. Poi conosco il travaglio interiore nel trucco esagerato di una sedicenne; ho l'amore nel cuore, son trascinato dal mondo, intorno. E sento il tempo, lo vedo. Svaniscono i limiti che il tempo impone. Servizio; dubbi e cose fatte e cose non fatte. Bene e male, bene e male. Matteo, un ragazzo. Una scelta, mille strade. Le possibilita'; la vita di mio papa' in una foto; solo lui sa di cosa. Tutto questo, e la nebbia nel cervello che un caffe' non puo' dissolvere, tutto questo e' quanto la vita mi vuole dare. Tutto questo trasporta. Trasporta in un tunnel nero, dal quale qualcuno vuole uscire; trasporta su di un altro pianeta, c'e' vita ormai, l'uomo l'ha conquistato; trasporta dove c'e' fuoco. Trasporta fra letti di ospedale, dove nasce sofferenza, amore, disgusto, violenza. Tunnel. E' il tempo, una ruota infinita. E' un tunnel buio, ma c'e' vita e ci sono storie. Accidenti, e' una citta'. Ma sotto. L'oscurita' e' rotta da quelle lampadine legate in alto, un filo nero che penzola e si avvolge intorno a dei tubi. Ogni quattro cinque metri; per il resto il tunnel è buio. I binari della metro; il marciapiede è piuttosto stretto, di pietra scura. Liscia. Le pareti grigie e rugose sono rigate di rigagnoli neri; l'odore bruciato è quello da miniera. Due sole direzioni, consente il tunnel: avandi o indietro. Verso un abisso o verso un altro, per chi non lo conosce. E' un attimo perdere l'orientamento in questa rete di cunicoli; la gente che scompare si dice finisca tutta qui sotto. E lungo quel marciapiede cammina una figura scura. E' una donna. Piccola, è insignificante per la geometria del tunnel. Topi, infiltrazioni, e lei. La luce c'e', pero': l'aveva sistemata Marco. Per un po' Marco era vissuto con lei, (era stato un impiantista o qualcosa del genere, le aveva raccontato.) lassotto. Poi Marco se ne era andato: come tutte le cose della vita, arrivano, segnano, passano. Marco un giorno aveva preso il treno: dalle parte sbagliata, pero'. Ci era finito sotto. E Marco lascio' la luce: luce nei cunicoli; e luce negli occhi di quella donna scura. Non molta luce, per la verita'. Nei cunicoli. Quanto a quella che ancora si vede negli occhi di quella donna, bhe, potrebbe illuminare la citta' a giorno. La citta' da qualche parte li' sopra. La vita quotidiana nel tunnel è interessante; un po' alla volta assume dei ritmi, si lascia guidare dai tempi metropolitani del giorno e della notte. La notte è il silenzio; il giorno sono i treni. E da mangiare non ne manca: l'importante e' sapersi organizzare: <>, ripete ogni tanto lei, orgogliosa. Proprio Marco le aveva messo per le mani quello che le serviva: passaggi e accessi, semiinterrati e magazzini: tutte quelle porte seminascoste da scatoloni che esistono e che esisteranno sempre, e che sono il legame fra il mondo di sopra e il mondo di sotto. Il mondo di sopra non usa piu' quei passaggi; ma non li chiude. Ha paura e rispetto per il mondo dei tunnel. Il mondo di sotto, per quelli del mondo di sopra, e' un legame con l'inesprimibile; quasi fosse una dimensione parallela. Intanto nel mondo di sotto lei se ne sta tornando con una buona andatura verso "casa". <>, pensa accelerando il passo. Per le cose della vita quotidiana, l'esperienza le e'stata ottima consigliera: qualche giorno alla settimana va impiegato per rifornire la dispensa; il resto e' vita, e' liberta'. Lo ha visto in quelli che negli anni ha incrociato nei tunnel. E bisogna sempre mantenere una certa dignita', questo lo ha imparato da sola. Non bisogna mangiare i topi, anche quando sembrano l'unico cibo che rimane. Non bisogna bere solo perche' si trova del liquido. Bisogna pettinarsi alla mattina, lavarsi il viso alla sera. Qualche volta al mese bisogna lavarsi del tutto: e l'acqua corrente li' sotto non e' un problema. A volte bisogna concedersi un periodo di vacanze, bisogna vedere la gente. Qualcuno in quei tunnel era impazzito per aver deciso di tagliare tutti i ponti col genere umano. Ma non e' il suo caso: lei ogni tanto, lavati e raccolti con un elastico rosso i lunghi capelli, ama salire su uno di quei treni che vanno da est a ovest, da nord a sud, da un tunnel all'altro. Alla fine, con vitalita' rinnovata, la nostalgia di "casa" la riporta al suo cunicolo illuminato. No, di certo non sarebbe mai impazzita. Le faccende domestiche sono qualche volta un problema, ma <>, si dice da sola ogni tanto. Solo una cosa: Marco non le aveva mai detto che le sue lampadine un po' alla volta si sarebbero tutte bruciate. E cosi' lei ha dovuto per forza darsi da fare per cercarne di nuove; la luce da quelle parti e' la differenza fra l'esistere e il non esistere. Lei ormai raramente pensa a come possa essere finita li sotto; ormai quella e' la sua esistenza e le va piuttosto bene. Del resto non le pare realistico che esistano altri mondi da qualche altra parte. E poi, nei viaggi su quei treni, la piu' felice e' sempre lei. Lei canta, lei parla. Lei chiede, si diverte, si emoziona e segue la musica. Qualcuno qualche volta sta al gioco, si lascia trascinare dalla sua energia coinvolgente. Peccato, arriva sempre poi un inevitabile: <>, e ogni volta e' solo uno di quegli zombie che entrano, passano, escono: tunnel che si incrociano, e poi proseguino dritti e indipendenti. <>, e intanto fra le righe lei si è creata una certa buona idea della mappa di quella rete metropolitana del passato. E', per la seconda volta nella sua vita, esattamente quello che vuole essere; ha niente e tutto. E' felice. Prima di finire lì sotto. Era stata una curiosita' cieca figlia della solitudine: questo l'aveva guidata al tunnel. Appoggiata sul marciapiede la valigetta della spesa, tornava a casa sepolta da un precipitare di voci e di colori pubblicitari. Una scaletta di metallo, una convergenza di istinti primordiali: si sentiva gia' morta, ora voleva diventarlo. La sua sembianza umana le stonava con la morte che era. Doveva diventare le tenebre, e si ritrovo' nel tunnel. Una settimana esatta dalla morte di Matteo, tredicenne, in quella corsia d'ospedale. Un mese in silenzio al suo capezzale; i medici, era certa, si sbagliavano: si sarebbe di colpo risvegliato, l'avrebbe riconosciuta, l'avrebbe chiamata piu' vicina. Sarebbe bastato aspettare, e amare. Ma una notte, nessun sussulto di saluto, un silenzio totale e improvviso. Se ne ando' con lui ogni significato. Ora di quella strana vita non ricorda più molto, e del resto non le importa, forse non sono nemmeno cose che sono successe a lei. Aveva passato gli ultimi cinque anni ininterrotti nelle gallerie del Metro'. Certo, fuori c'era il sole: <> aveva risposto a Marco. Marco la sognava -diceva- di nuovo in superficie, ma lui intanto nel tunnel ci voleva rimanere. Marco era contradditorio, troppo per i suoi gusti. Semplicemente, decise di uscire. La luce del sole, calda, le illuminò la fronte d'improvviso, alle sei di sera di un fine agosto. Rossa, tepore. Rimase immobile per cinque minuti buoni, presa alla sprovvista. Di profilo era bellissima in quel riflesso. Gli occhi chiusi a guardare il sole. La pelle scura, fuligginosa; i capelli lunghi abbandonati. I vestiti bianchi. Di colpo, nel cuore, guizzo' di una sorsata di calore, di sangue, di vita. Di colpo, Esisteva. Respirò a fondo una boccata d'aria di quella fine estate; sopra, il cielo era di un azzurro immacolato; verso ovest alcuni cirri erano tinti d'arancio. Intorno, l'odore d'erba appena tagliata, il traffico era inesistente. Salutava l'aria mentre la sentiva uscire dai polmoni; riaprì gli occhi, mise a fuoco la luce così rinnovata, la vetrina di un supermarket. Non rivide mai più le lampadine di quel Marco in quel tunnel. Tre anni dopo conviveva con il proprietario di un cinema, giù al porto di una cittadina poco distante; lui l'aveva invitata una sera ad una proiezione. Era lo stanzino di regia; davano "secondo semestre", lei incuriosita accetto'. Era una fine; ed un inizio. Un'altra e un'altra ancora delle mille parentesi di una vita, una di quelle faccende uniche e irripetibili come ce ne sono infinite; Sono momenti, episodi, capitano, si susseguono, uno dopo l'altro, nessun legame. La vita è un soffio colorato che nasce e si espande e si dissolve nell'aria per sempre.